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Johan Norberg, nel saggio “Progresso. Dieci motivi per guardare al futuro con fiducia” (IBL Libri), ci ricorda che veniamo da tempi dove povertà, malattie, mortalità, mancanza di igiene e di cibo costringevano l’intera umanità a vivere in un mondo orribile.
A qualcuno prevenuto contro questa tesi perché l’autore è etichettato di destra ricordo le parole di Michele Serra che certo non può essere definito tale:
“Mi viene da dire che il malumore è una sindrome da benessere. Che stare bene (rispetto a chi ci ha preceduto sulla Terra) e avere una prospettiva di vita più lunga riempie la pancia ma non cura l’anima. .. La gente … forse si annoia. Non ha più obiettivi e urgenze, né l’adrenalina che serve per affrontare le disgrazie vere, le avventure formidabili, le lotte all’ultimo respiro … . Ora che, invece, di vivere abbiamo il tempo; ora che abbiamo il lusso di pensare … ecco che ci scopriamo incazzati.”
Siamo proprio sicuri che, come ci viene ripetuto in continuazione sui media, la povertà sia cresciuta negli ultimi decenni? Come si tiene conto in queste rappresentazioni, per esempio, il progresso innegabile delle condizioni di vita di 2,8 miliardi tra Indiani e Cinesi?