Lo spirito di accoglienza incondizionata dei migranti che anima la grande maggioranza dei radical-chic italiani – fautori in particolare della loro distribuzione in piccoli gruppi in tutti i Comuni d’Italia – si è spento di fronte agli interessi particolari di una delle più consolidate comunità di questo tipo, quella di Capalbio, quando è emerso che un gruppetto di migranti era destinato al loro esclusivo angolo di paradiso. Non mi dilungo sul livello logico-culturale, veramente da casta o elite privilegiata, delle argomentazioni con le quali noti esponenti del gruppo hanno motivato il loro rifuto. Mi limito a dare i link per un florilegio da destra, dal centro e da sinistra nella stampa ferragostana. Si conferma la sindrome NIMBY (Not In My BackYard, cioè l’assoluta aprioristica ostilità a qualunque insediamento nel proprio territorio, comportamento che la lobby di Capalbio conosce bene visto che si gloria di un attivismo”antemarcia” contro il nucleare dalle loro parti che risale all’inizio degli anni ’80).
Apparentemente di ben altro tono le dichiarazioni di ChiccoTesta che, non a caso, da antinucleare è diventato esponente im prima fila della pattuglia filonucleare (sparuta in Italia) nella quale io milito da sempre. Chicco di fatto si dissocia dai suoi compagni di vacanze capalbiesi e sottolinea come il punto chiave sia utilizzare i migranti per risolvere i problemi del territorio che li ospita valorizzando le loro competenze. Come dargli torto? Anzi, condividendo i suoi auspici, gli si potrebbe assegnare un riconoscimento, ma dovrebbe essere quello dell’ovvietà intitolato al signor de La Palisse. Peccato che sorvoli sui dettagli operativi, liquidando con la facile invettiva “sciocca burocrazia” la domanda dell’intervistatore che ricorda come lo status di rifugiato non preveda l’obbligo del lavoro. Per andare sul pratico, che fare se i migranti si rifiutano? Come metterla con norme a vario livello (inclusi trattati internazionali) che attualmente impediscono un’operazione del genere? Data la sua storia di parlamentare e manager forse Chicco Testa potrebbe suggerire quali modifiche proporre alle prescrizioni vigenti, in che sede, per iniziativa di quale soggetto istituzionale e con quali prevedibili tempi di risposta. Francamente, pensare di risolvere la questione affermando “dei cinquanta migranti si faccia carico il sindaco, ma non solo per trovare loro un alloggio, ma per farli diventare utili“, come da lui sostenuto, mi pare quantomeno semplicistico nel quadro normativo e operativo attuale. Tanto per citare qualche numero, i Comuni italiani sono più di ottomila e oltre la metà hanno meno di mille abitanti. E come la mettiamo con i disastrati bilanci comunali in un dissesto purtroppo diffuso quanto quello idrogeologico il cui rimedio Testa vorrebbe affidare ai migranti. E che diciamo ai disoccupati (organizzati o meno, inseriti nei cosiddetti Lavori socialmente utili, o meno, associati in cooperative serie o meno serie)? Forse qualcuno dovrebbe ricordargli visto che si parla di Marina di Capalbio, che “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare” e in questo caso un mare fatto anche di regole apparentemente di garanzia, in realtà di impedimento se non di blocco, che molti degli esponenti della lobby di Capalbio nei rispettivi ruoli, hanno contribuito a propugnare, imporre e difendere.