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Per rispondere allo stimolo di Cristiano Ottavian che ripropone una nota figura e chiede commenti,
parto rispolverando un’antica analisi illustrativa delle circostanze che si manifestano durante il varo e la realizzazione di una iniziativa complessa.
Nella figura è rappresentato un andamento tipico del livello di risultato atteso da un progetto complesso al variare del livello di risorse utilizzate allo scopo. E’ ben noto che le risorse sono comunemente classificate come: umane, finanziarie, materiali (materie prime, attrezzature e impianti). È emersa da tempo l’opportunità di menzionare separatamente le risorse di competenze/capacità; c’è in genere sovrapposizione parziale tra risorse umane e risorse di competenze/capacità in quanto gran parte di queste ultime sono detenute da persone. Questa sovrapposizione può essere in parte superata escludendo dalle risorse umane quelle ”di alto livello” e includendole nella voce “competenze/capacità). Nelle considerazioni qui esposte viene adottata questa convenzione. E’ appena il caso di ricordare che non sempre, pur avendo possibilità finanziarie, tutte le altre tipologie di risorse possono essere procurate facilmente.
Si è assunto come esempio l’andamento, ben noto, della curva logistica: una zona iniziale di lenta crescita seguita da una zona di linearità e infine una zona di saturazione (forte aumento di risorse necessarie per modesti benefici sui risultati). L’equazione è
Y = K / [ 1 + q · exp ( – C · X ) ] - A
dove Y indica il livello di risultato ottenibile, X il livello di risorse “convenzionali” utilizzate (tutte le risorse, escluse quelle che corrispondono alle capacità di alto livello quelle di chi governa la realizzazione, come sopra anticipato). Il parametro C che condiziona gli andamenti può rappresentare queste capacità. Definito un risultato minimale accettato, e un livello massimo di risorse disponibile, si possono individuare quattro aree nel piano.
- l’operatore è interessato all’area I (area di interesse in quanto consente livelli di risultato maggiori del minimo accettabile con livello di risorse inferiore a quello massimo disponibile)
- l’area II corrisponde a risultati che si possono definire appetibili, ma non fattibili (perché sono necessarie risorse superiore a quelle disponibili)
- l’area III non è appetibile perché i risultati sono sotto il minimo richiesto
- l’area IV è simultaneamente preclusa e non appetibile
Aumentando la capacità operativa, ferma restando l’entità delle risorse convenzionali, si passa alla curva superiore e aumenta il livello di risultati.
Mi avvalgo della figura per dare una definizione dei termini introdotti da Cristiano Ottavian. Premesso che secondo me capacità è termine che conviene usare trasversalmente, propongo le seguenti definizioni:
- capacità strategica è la capacità di fissare realisticamente i risultati attesi in termini di fattibilità e attrattività
- capacità progettuale è la capacità di individuare gli obiettivi intermedi, le azioni e le risorse necessarie per conseguirli, i soggetti ai quali affidare questo compito
- capacità operativa è la capacità di svolgere le azioni di propria competenza e di far svolgere efficacemente agli altri le azioni di rispettiva competenza affrontando la necessità (frequente più di quanto non si pensi o si speri) di aggiustamenti progettuali (quindi usando competenze progettuali; talvolta occorre anche ravvisare la necessità di aggiustamenti strategici e proporli a chi ne ha la responsabilità (quindi usare competenze strategiche)
Competenza e capacità non sono sinonimi: capacità vuol dire avere competenze e saperle mettere in pratica in modo proficuo per lo sviluppo del progetto (conosco più competenti che capaci e la fattispecie più difficile da gestire sono i supercompetenti poco capaci nel gestire la complessità, quando vogliono decidere loro). In altre parole per avere capacità, le competenze ci vogliono, ma non bastano.
Il senso della figura vorrebbe essere quello di illustrare come le capacità possono portare a notevoli risparmi di risorse degli altri tre tipi. A dire il vero, il senso ultimo è che la vera capacità complessiva sarebbe quella di potersi costruire per un caso concreto un modello anche grossolano dei legami funzionali pedantemente descritti nel caso teorico in figura, cioè saper prevedere che succede in termini di costi benefici se ci si muove nell’ambito della “zona di lavoro” che caratterizza il progetto in esame. Ho usato la terminologia che si usava quando si studiava l’elettronica ai tempi del transistor (io l’ho studiata quando si usavano ancora le valvole e i transistor erano una novità). Quasi quasi mi sento di dire che un buon capo progetto è un transistor, nel senso di “amplificatore di risorse convenzionali”.