Dopo cinque mesi di sfide, la più importante competizione del mondo di robotica per studenti si è conclusa con un primo e secondo posto per le scuole italiane: al primo posto si è classificato un team di tre scuole di cui fa parte il liceo scientifico di Vercelli “Avogadro”; e al secondo il liceo scientifico Cecioni di Livorno. La competizione è lo Zero Robotics e la organizza l’agenzia spaziale americana NASA assieme all’Istituto di tecnologia del Massachusetts (MIT) di Boston alla quale hanno partecipato 180 scuole. Insomma i ragazzi italiani sono risultati campioni e vice campioni del mondo nel concorso organizzato dalla NASA e dal MIT di Boston.
Grazie agli studenti di Vercelli e di Livorno. E grazie ai loro professori, perché non si diventa studenti eccellenti se non si ha la fortuna di incontrare almeno un docente appassionato. Grazie alle loro famiglie, perché l’amore per lo studio si respira dentro casa ogni giorno: o c’è o non c’è.
Purtroppo non significa né che tutta la scuola italiana è di livello mondiale né che in tutte le famiglie italiane c’è amore e passione per lo studio. Però significa che in Italia, a macchia di leopardo, esistono ancora molte eccellenze ad alto potenziale.
Per poter costruire un futuro migliore del passato bisogna dare forza all’intero sistema della formazione: dalla scuola materna, all’università, passando attraverso tutti gli studi di ogni ordine e grado. E per farlo bisogna partire da alcune considerazioni che ho provato a raggruppare in 7 punti.
La prima è che dobbiamo insegnare ai ragazzi che viviamo in un mondo in cui la velocità di cambiamento è altissima (almeno il triplo di quella di 20 anni fa) ed è destinata ad aumentare ancora di più. Il mondo tra 5 anni sarà molto diverso, sia dal punto di vista professionale che sociale, da quello di di oggi; e di conseguenza capire la velocità del cambiamento è importante per tutti, anche per i nativi digitali.
La seconda è che dobbiamo studiare le storie di successo della scuola per farle diventare una pratica diffusa. Perché un sistema ha successo (nel nostro caso i sistemi Italia ed Europa) in funzione della diffusione di una buona preparazione culturale e professionale.
La terza è che non ha molto più senso la separazione tra gli studi umanistici, scientifici e tecnici. E tanto meno ne ha la separazione tra soft e hard skill. È opportuno che tutti abbiano una buona preparazione di base, a tutto tondo, sulle materie umanistiche, scientifiche e tecniche. È indispensabile per capire le dinamiche della vita nel contesto globale nel quale viviamo. Ed è naturalmente necessario che ognuno costruisca, su questo zoccolo duro, una buona professionalità che va aggiornata continuamente proprio a causa degli innumerevoli cambiamenti e della loro alta velocità alla quale la nostra mente umana non è abituata.
La quarta è che siccome la costruzione del nostro futuro passa per la scuola, è necessario poter attrarre nell’insegnamento i migliori, pagandoli adeguatamente e in modo competitivo rispetto al mondo delle professioni e del lavoro pubblico e privato.
La quinta è che bisogna creare una grande osmosi tra scuola e società con spazi “istituzionalizzati” di insegnamento per i professionisti e i rappresentanti del mondo del lavoro privato e pubblico.
La sesta è che ciascuno abbia la consapevolezza della propria continua inadeguatezza professionale a causa dei continui cambiamenti tecnologici. E per questo bisogna organizzare strumenti e spazi, non necessariamente frontali, per l’aggiornamento continuo di ogni professione e mestiere.
La settima ed ultima, ma anche la più importante e critica, è aprire un grande dibattito pubblico sulla scuola per sensibilizzare le famiglie sulla necessità di motivare i ragazzi a costruire un buon futuro, iniziando dalla scuola materna e passando per gli studi di ogni ordine e grado fino all’università. L’obiettivo dovrebbe essere: una solida cultura di base per tutti e una forte specializzazione per ciascuno. Inoltre sarebbe il caso di pensare a luoghi “istituzionali” in cui costruire le eccellenze anche nei saperi pratici e operativi: le università dei mestieri.